Fellini, Dawson's Creek e Il Tempo delle Mele
Posso dire, quasi con certezza assoluta, che non esiste alcun collegamento tra questi tre temi che ho scelto. Almeno lo spero. Però... mai dire mai.
I testi e i seguenti articoli (o parte di essi) sono stati pubblicati su style.corriere.it o altre testate o me li sono inventati ora per voi. Come si dice in questi casi? “Vietata la riproduzione e l’adattamento totale o parziale senza il consenso dell’autore con qualsiasi mezzo (copyright Enrico Rossi)”. O comunque domandare è lecito, rispondere è cortesia.
CHI SONO? - Bella domanda, quindi è meglio dirlo in terza persona e con il virgolettato: “Per anni ha autoprodotto Youthless, una fanzine cartacea che distribuiva a Reggio Emilia. Ha tenuto una rubrica per un settimanale locale pubblicata tra equivocanti annunci erotici. Ha scritto per Panorama, Rolling Stone, Oggi, Corriere.it. Dal 2019 è collaboratore web di Style Magazine per cui scrive di cultura e spettacoli. Ha intervistato Brigitte Bardot con la speranza che non si accorgesse del suo francese arrugginito dal tempo”.
Cosa leggerete dunque nella newsletter di febbraio 2021? Che è pure la prima. Andiamo per ordine qui sotto.
Tra dicembre 2020 e febbraio 2021 ci sono state un po’ di date da ricordare e alcune ricorrenze. E non tutte davvero importanti e da ricordare ad essere onesti.
Netflix ha reso disponibile le sei stagioni del cult (?) adolescenziale Dawson’s Creek che ha dato all’umanità il meme universale del pianto sul viso sconvolto di Dawson. Ne sentivamo davvero il bisogno? (a parte che su Amazon Prime c’erano tutte le puntate da parecchie settimane o mesi, ma il clamore è sempre importante di sti tempi). Quindi ho scritto due o tre cose a riguardo, giusto per non dimenticare o meglio: perché bisogna dimenticare.
Poi a gennaio 2021 (per la precisione il 20 del mese) è stato il compleanno di Federico Fellini. Il 2020 aveva segnato i 100 anni dalla sua nascita. Ho riscritto un po’ la storia che ha portato Fellini dalla sua Rimini a Roma, la mecca del cinema. Non contento di averne scritto (oppure se qualcuno tra voi non vuole leggere), ho ideato anche un podcast da ascoltare. Si parla anche del primo incontro d’amore con la futura moglie e musa Giulietta Masina.
Per ascoltare le puntate del Podcast e fare un bingeascolto, qui su SPREAKER
Infine, anche se era la prima cosa da scrivere cronologicamente parlando, Il Tempo delle Mele ha compiuto 40 anni. Ho cercato di raccontarne in breve la storia e soprattutto “ma cosa ne sanno quelli della Generazione Z” a riguardo. Tra l’altro, dopo soli 5 giorni da questo anniversario, è venuto a mancare l’attore Claude Brasseur, il papà di Vic (interpretata da Sophie Marceau).
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In ogni caso il prossimo appuntamento sarà per il 1 marzo 2021. Credo che rispolvererò una vecchia intervista fatta a Steve Albini nel backstage dell’Estragon Club nel 2010. Che dite?
Tutte e sei le stagioni della serie teen drama Dawson’s Creek atterrano sulla piattaforma di streaming Netflix. Dawson’s Creek ha definitivamente avuto la certificazione di serie cult e generazionale? Difficile dirlo con certezza, ma di certo in un’ipotetica lista di dieci serie andate in onda tra la fine degli anni Novanta e i primi anni Duemila non può mancare.
D’altronde il pianto di Dawson è diventato un meme virale che ha reso l’attore James Van Deer Beek un cult. E poi quell’eterna altalena emotiva tra l’ipersensibile e nevrotico Dawson e Joey, fra Joey e Dawson, sempre loro all’infinito, ha di certo significato qualcosa per gli spettatori del piccolo schermo. Senza dimenticarsi di Pasey (e di Jen) per creare quell’imperfetto triangolo amoroso che sta alla base di Dawson’s Creek.
Magari è veramente un evergreen al pari di quello che vedeva coinvolta la biondissima Kelly di Beverly Hills 90210, costretta a riflettere sul vero dilemma esistenziale di ogni adolescente al liceo: meglio stare con Brandon-il bravo ragazzo oppure Dylan-il bad boy misterioso? In Dawson’s Creek quella tra Dawson e Joey diventa la relazione “zero” da cui si muovono tutte le altre a seguire.
Una serie in cui amicizia e amore (e talvolta morte) si affacciano nelle vite di questi adolescenti che vivono nella cittadina di Capeside. L’amore o la ricerca di esso nel teen drama Dawson’s Creek diventa una specie di leitmotiv potente quanto l’onomatopeica “uano-uano-uei” della sigla in apertura.
LA STORIA E I PROTAGONISTI
Si parte dalla solitaria e affascinante (senza sapere di esserlo) Josephine detta Joey che da “maschiaccio” sboccia davanti agli occhi desiderosi di Dawson. Fin da piccola, dopo la perdita delle madre e il padre in carcere, Joey deve crescere in fretta e senza troppe illusioni e quando tutto pare insormontabile trova rifugia nella camera dell’amico Dawson a cui arriva arrampicandosi con una scala alla finestra.
Una rivisitazione pop di Romeo e Giulietta con qualcosa di Cyrano de Bergerac sotto il balcone? Forse un azzardo, magari un’eresia, per una specie di soap opera per adolescenti. Il rapporto tra Joey e Dawson cambia con l’arrivo della pubertà, nonostante le promesse tra i due che nulla o quasi succederà.Ci saranno, invece, svariati intrecci di relazioni tra amici, ex amici, nuovi amici e futuri amici.
Sì, perché oltre alla coppia Dawson-Joey, c’è Pacey (il migliore amico di Dawson) e poi Andy (che si metterà con Pacey), Jack (il fratello omosessuale di Andy) e a seguire tra la prima e la sesta stagione: Audrey (compagna di stanza di Joey al college e ragazza di Pacey); la scomparsa prematura dell’attaccabrighe Abby Morgan bisognosa di attenzioni, Gretchen (la sorella di Pacey che avrà una breve avventura con Dawson), Henry Parker (un giovane Michael Pitt) che farà capitolare Jen, Eddie Doling (il bel universitario che affascinerà così tanto Joey).
NON SOLO ADOLESCENTI: LE RELAZIONI DEGLI ADULTI
Parallelamente alle vite di Dawson, Joey e Pacey ruotano anche quelle dei rispettivi genitori. C’è la crisi matrimoniale tra Gail e Mitch Leery (i genitori di Dawson con annessa crisi del figlio dopo aver appreso la notizia), l’insegnante d’inglese Tamara Jacobs che se la spassa con Pacey e, infine, Bessie Potter (sorella di Joey) che ha una relazione interraziale che getta scompiglio tra gli abitanti di Capeside.
Non dimentichiamo il rapporto familiare tra Jen e sua nonna Evelyn Ryan che pare costellato da tante difficoltà iniziali per poi divenire un legame molto forte e sincero. Un po’ come quello che si crea tra Dawson e il burbero A.I. Brooks, un anziano regista dimenticato da tutti e che per il giovane filmaker Dawson sarà fonte inesauribile di esperienza per la sua vita da futuro regista.
Federico Fellini nasceva a Rimini cent’anni fa: il 20 gennaio 1920. Una carriera, quella del regista romagnolo, che ha portato i suoi film a diventare il riflesso della spensieratezza tipica del “vitellone”, ma non solo. Un immaginario sempre sospeso tra sogno e realtà, tra desideri e ossessioni, reinterpretando la provincia romagnola da cui è partito tutto: un realismo fatto d’incanto che ha reso l’opera di Fellini un classico del cinema. Un percorso artistico che ha portato il Maestro ad ottenere ben cinque premi Oscar per La strada, Le notti di Cabiria, 8 e mezzo, Amarcord e, nel 1993, anche uno alla carriera. Quest’ultimo premio verrà ritirato a Los Angeles con un sentito discorso di ringraziamento davanti all’Academy mostrando tutto l’amore e la devozione nei confronti della moglie Giulietta Masina.
Dalla casa natale sita in via Fumagalli a Rimini fino al celebre Teatro 5 di Cinecittà, Fellini si dedicherà alla ricerca di una narrazione visiva in grado di oscillare tra la giovinezza perduta e l’autobiografia della vita adulta, spesso con un alter ego d’eccezione: Marcello Mastroianni. L’amicizia con l’attore non sarà limitata allo spazio sul set, tant’è che Fellini gli affibbierà anche un simpatico nomignolo: Snaporaz. I due gireranno cinque film e un documentario e insieme daranno vita a una delle tante scene iconiche che hanno definito il cinema felliniano come quel «Marcello come here!», lussurioso quanto Anita Ekberg che s’immerge nella Fontana di Trevi come se fosse una vasca da bagno ne La Dolce Vita.
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Racconti che s’insinuano nelle atmosfere già presenti ne I Vitelloni e che traggono energia dagli stessi ricordi del regista in merito alla città romagnola:«D’estate, per tormentare le coppie che facevano l’amore dietro le barche, ci si spogliava in fretta, quindi ci si presentava nudi, chiedendo all’uomo dietro la barca: “Scusi, che ora è?”». Rimini tornerà a più riprese – è il caso di dirlo-, e in diversi modi che nemmeno Fellini riuscirà a comprendere fino in fondo:«Rimini è un pastrocchio, confuso, pauroso, tenero, con questo grande respiro, questo vuoto aperto del mare. Lì la nostalgia si fa più limpida, specie il mare d’inverno, le creste bianche, il gran vento, come l’ho visto la prima volta». E poi c’è il Grand Hotel, quel sogno onirico che ostenta ricchezza e sfarzosità e che inizia presto ad incantare il giovane Federico. Una favola da ammirare ad occhi aperti che sarà immortalata anche nel film Amarcord.
Da Rimini a Roma, quindi. Ma Fellini non soffre di nostalgia, anzi, riesce a ritrovare anche qui l’essenza della sua città natale. «Rimini, io l’avevo trovata a Roma. Rimini, a Roma, è Ostia. A Ostia ho girato I Vitelloni perché è una Rimini inventata: è più Rimini della vera Rimini». A Fellini tornerà il ricordo di tanti amici e personaggi, come la famosa Gradisca che in realtà si chiamava Maria Piave in omaggio alla prima guerra mondiale e protagonista di una leggenda – forse vera a questo punto-, che la vide offrirsi a un principe passato in città con un inchino e un invito a servirsi di lei:«Gradisca», appunto.
Federico Fellini diventa poi giornalista tra le pagine della rivista Marc’Aurelio, disegnatore satirico e una breve parentesi come autore radiofonico. È durante questa collaborazione in radio, per il programma Cico e Pallina, che Fellini incontra una giovane attrice e ballerina: Giulietta Masina. I due escono una sera a cena nei pressi di via delle Botteghe Oscure ed è un immediato colpo di fulmine. Si sposano il 30 ottobre 1943 con una cerimonia privata a casa della zia di Giulietta e da quel momento resteranno uniti per tutta la vita. Un sodalizio artistico e sentimentale costellato da molte difficoltà: dalle molte amanti di Federico fino alla morte del loro unico figlio dopo appena un mese dalla nascita.
A Roma frequenta diversi locali come il Volturno, la Fenice, l’Acione, il Brancaccio. L’avanspettacolo, come il circo, attira e stimola l’estro immaginario di Fellini. Nel 1945 incontra Rossellini e lo sceneggiatore Tullio Pinelli e inizia a collaborare a Roma Città Aperta e Paisà entrando così in contatto con la corrente cinematografica del neorealismo. Fellini si avvia così verso un’altra fase della sua carriera artistica. Tutte queste attività hanno contribuito a formare e raffinare la sensibilità e il gusto intellettuale del futuro regista. Le parole “magiche” che iniziano a farsi sentire sempre più prepotenti nella sua vita sono tre: “Motore! Azione! Stop!”. Sia con Luci del varietà – diretto nel 1950 insieme ad Alberto Lattuada -, sia con l’esordio “solista” de Lo Sceicco Bianco in cui compare l’attore e amico Alberto Sordi.
Poi ci sono le donne, tante: ostentate e volute, desiderate e parte fondamentale di ogni storia diretta da Fellini. Da Anita Ekberg a Magali Noel (La Gradisca), da Anouk Aimée a Maria Antonietta Beluzzi (La Tabaccaia). E ancora: Germaine Greer, Anita Magnani, Claudia Cardinale, Sandra Milo e l’amante ufficiale del Maestro per 36 anni, Anna Giovannini. Nessuna di loro, però, riuscirà mai a prendere il posto di Giulietta Masina. La Gelsomina di Federico Fellini, protagonista de La Strada a fianco dell’attore Anthony Quinn, fino all’ultimo film girato insieme, Ginger e Fred, quasi un omaggio a loro stessi. Tant’è che il regista mette il nome della moglie per primo nei titoli di testa della pellicola. Federico Fellini, divenuto ormai simbolo indiscusso del cinema italiano nel mondo, muore pochi mesi dopo quell’Oscar alla carriera, nel 1993, e sarà seguito l’anno successivo da Giulietta. Ed entrambi, oggi, sono sepolti a Rimini insieme al figlio.
Era il 17 dicembre 1980 quando Il Tempo delle Mele uscì nelle sale cinematografiche in Francia per diventare in breve quel film generazionale associato per sempre all’immagine dell’adolescente Vic, la ragazzina interpretata dall’attrice francese Sophie Marceau.
Merito anche dell’ormai iconica scena in cui Mathieu, durante una festa in casa, infila le cuffiette del walkman a Vic (per la generazione Z: il walkman era un aggeggio in cui inserire cassette a nastro magnetico in cui era incisa della musica, incredibile, vero?) e, nel caotico vociare e tentativi di baci degli altri quattordicenni, si espande il leitmotiv del film sulle note dello sdolcinato brano Reality: ”Dreams are my reality, A different kind of reality, I dream of loving in the night…”. La colonna sonora perfetta per idealizzare i primi innamoramenti scambiati per il grande amore della vita, tra compiti in classe e gli immancabili litigi con i genitori.
PERCHÈ IL FILM FUNZIONA ANCORA OGGI
Ci sono cose che, nonostante le generazioni e gli anni che passano, restano uguali: i sentimenti, ad esempio. Nonostante la tecnologia che si appropria giorno dopo giorno del nostro vivere quotidiano fagocitandolo con la frenesia dei social, ci sarà sempre il desiderio di scoperta dell’altro sesso o dello stesso sesso.
La ricerca di qualcuno che ci capisca e desideri come costante della nostra crescita emotiva; questo insieme al rapporto d’amore-odio tra genitori e figli per andare ad una festa o per l’acquisto del motorino. E immancabili poi i tradimenti, l’amore dei nonni e gli amici del cuore con cui confidarsi. Lo so, questo momento nostalgico-romantico farà di certo storcere il naso ai cinefili più integerrimi, ma è proprio così.
Forse la scena della festa oggigiorno sarebbe stata sostituita con delle cuffie bluetooth e un cellulare con installato Spotify per provvedere all’ascolto del brano prescelto. Con il rischio, magari, di incappare nella pubblicità della versione free a rovinare un momento così romantico e intimo. Non ci sarebbero nemmeno più le compilation in CD (per la generazione Z: è quel dischetto color argento-arcobaleno e dentro c’è la musica) sostituite da un asettico link di una playlist Spotify inviata tramite WhatsApp. Ma chi lo dice poi che prima era meglio ? Chi vive di nostalgia resta un passo indietro e probabilmente non è importante il “come” si viveva, ma il “cosa”.
LA TRAMA DEL FILM: LA BOUM
Vic ha da poco iniziato il liceo e qui conosce Penelope che diventerà la sua migliore amica. Le due ragazze fanno di tutto per essere invitate alla festa di Raoul ed è lì che inizierà la storia d’amore tra Vic e Mathieu. Parallelamente c’è la crisi matrimoniale dei genitori della ragazza. Il padre, François Berreton, ha una tresca con una profumiera (nel senso di proprietaria di un negozio di profumi, ma non solo in questi termini) e si ritrova ad inscenare un finto incidente d’auto per nascondere un’uscita serale. Costretto quindi a girare per casa con il gesso sembra riuscire a farla franca.
Ma il senso di colpa verso la moglie lo porta a confessare le sue azioni extraconiugali nella speranza di essere perdonato e ritrovare la serenità familiare. Anche Vic, dopo la fase dell’innamoramento, è costretta ad agire per il bene della sua relazione: sembra che Mathieu voglia stare con un’altra con più esperienza di lei. I temi del film spaziano così dal primo amore agli strusciamenti (vedi la scena al cinema ai limiti del pudore per un film per “famiglie”) e le prime voglie.